Riassunto Canto XVIII Purgatorio

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Cornice quarta. Accidiosi. L’abate di san Zeno

Del discorso di Virgilio Dante condivide tutto: c’è però un punto sul quale vorrebbe un chiarimento. Il maestro aveva detto che l’amore è causa di virtù e di vizi e che ad esso risalgono tutte le disposizioni dell’uomo. Insomma: quale è la vera natura dell’amore? Risponde Virgilio: l’animo in quanto nasce con la tendenza ad amare si muove verso ogni cosa piacevole quando dallo stesso piacere è sollecitato, passa cioè da uno stato tendenziale ed indiscriminato ad un preciso e concesso amore, all’amore di una persona determinata che suscita piacere. Ora proprio questo piegarsi ad una cosa è amore, ed esso non si acquieta se non se ne appaga, come il fuoco non cessa di innalzarsi sino a quando non raggiunge la suo sfera, a cui tende sempre, come rivela la sua irrequietezza. L’amore è, dunque, un moto dell’animo, ma non è buono in sé, in quanto disposizione naturale e ancora inattuata: così non ogni impronta sulla cera è buona, ma quella che esprime l’animo di colui che ve la imprime, cioè dell’artista, ed egualmente è l’animo che impronta di sé la cosa amata, la quale può essere buona o cattiva. L’amore perciò va ricondotto alla radice morale di chi ama, all’animo con cui egli plasma i contenuti della sua vita affettiva. Dante riconosce chiara la spiegazione del maestro ma ha ancora un dubbio. se l’amore è determinato da oggetti che stanno al di fuori dell’animo, e l’animo non può operare per altra forza, quale merito o quale colpa può avere l’animo dell’uomo, dell’oggetto del suo amore che può essere buono o cattivo? È il grave problema della libertà dell’uomo. Virgilio risponde che solo in parte’ egli può dare una spiegazione, per la parte che non trascende la ragione, ammettendo così che la questione è in parte argomento di fede, non risolubile razionalmente. Ogni essere che risulta da due elementi congiunti e separati, come l’uomo ad esempio che risulto di anima e di corpo, ha in sé una virtù specifica che si rivela solo quando opera attraverso gli effetti, così come in ana pianta c’è la tendenza a produrre che è propria della specie vegetale, e ci sono le fronde che sono l’effetto di quella capacità produttiva, li/la come nell’ape c’è l’istinto di fare il miele ed è un istinto di per sé non elogiabile o condannabile, così l’uomo ha dalla nascita l’intelligenza e l’amore, ma non sa donde gli vengano, le prime notizie intellegibili e l’amore dei primi beni desiderabili (cioè, il bello, il vero, Dio). Ora affinché al primo impulso naturale, di per St buono in quanto viene dalla natura, si accordino gli altri, è negli uomini innata la ragione; alla quale spetta il merito della scelta tra amori buoni e amori negativi. Di questa facoltà di questa libertà innata di scelta si accorsero tutti i filosofi e la dissero fondamento di tutta la vita morale. La libertà, dunque, coincide con la ragione e viceversa. L’amore non può non accendersi: ma gli uomini hanno in sé il potere di accoglierlo o di respingerlo. E questo potere è il libero arbitrio. Questa dottrina al di là delle sintesi teoretiche ha un risvolto e un effetto pratico che interessa la società: se l’amore è la base di ogni virtù e di ogni vizio, spetta al legislatore e all’educatore Promuovere l’amore della prima e respingere il secondo, sostituire a fini che si rivelano negativi quelli che non tradiscono le premesse e che in sostanza sono quelli che guidano alla divinità.

La luna continua a splendere in alto e sembra un secchione di rame tutto ardente: Dante è assonnato ma si scuote quando sente arrivare gente: davanti a tutti corrono due anime che recitano esempi di sollecitudine: il primo esempio ricorda Maria che andò senza indugio a visitare Elisabetta, il secondo, narra di Cesare che con rapidità corse in Spagna e risolse la guerra. Le anime sono così dominate dalla voglia di procedere spedite, che non si fermano a parlare con quel vivo; una lo invita a correre con loro: presto troverà la strada per salire.

Lo spirito che parla dice di essere stato abate del monastero di San Zeno a Verona, quando in Italia scese il Barbarossa. Ora quel posto di abate è stato preso da Giuseppe, figlio deforme nel corpo e nell’animo di Alberto della Scala. Chiudono il corteo di anime in corsa altre anime che recitano esempi di accidia punita. Ma Dante inavvertitamente si è addormentato.

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