Il silenzio dei vivi, all’ombra di Auschwitz

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Un racconto di morte e resurrezione

Ieri sera in poche ore ho letto tutto d’un fiato il libro autobiografico di Elisa Springer, ebrea di cittadinanza italiana sopravvissuta ad Auschwitz durante la Seconda Guerra Mondiale.

Sintesi

Elisa Springer nasce a Vienna nel 1918 da una famiglia di commercianti ebrei. Con le persecuzioni ebraiche in Austria, Elisa decide di rifugiarsi in Italia, dove si trasferisce nel 1940. Denunciata alle SS da una donna italiana, viene arrestata e deportata ad Auschwitz, “deserto di morte senza speranza”. All’età di ventisei anni, Elisa vive le atrocità del regime nazista, cominciando un raccapricciante cammino verso la spersonalizzazione, vittima di un mondo che “stava perdendo il suo io, il suo Dio”. Tuttavia la forza fisica e spirituale della donna ne rivelano una capacità di resistenza straordinaria, un bisogno incontenibile di credere ancora nella vita, nonostante il supplizio di quei giorni. Elisa sopravvive e costruisce una nuova vita in Italia. Come molti altri reduci dai campi di sterminio, vive, decide di soffocare il suo dolore nel silenzio: per paura di non essere accettata nasconde sotto un cerotto il marchio tatuato nel campo di Auschwitz sull’avambraccio sinistro. La paura di sentirsi diversa, osservata da chi, non potendo comprendere a pieno il significato di quell’esperienza, rispondeva con scherno e indifferenza, la portano a tacere fino a che Silvio, il figlio di vent’anni, volendo capire il passato della madre, la interroga cercando verità fino ad allora represse. Elisa decide così, all’età di settantotto anni, di parlare “per non dimenticare a quali aberrazioni può condurre l’odio razziale e l’intolleranza, non il rito del ricordo, ma la cultura della memoria”. Il racconto dei giorni trascorsi nei lager, redatto in italiano, non solo rende giustizia ai martiri che ne fecero esperienza, non solo permette a Elisa di riacquistare un’identità celata ormai da cinquant’anni, ma parla anche alla coscienza di ogni suo lettore. Inno alla forza della vita, le parole di questa donna non lasciano spazio all’incredulità e all’indifferenza; lucido ricordo di una vita dominata dal silenzio, il libro di Elisa Springer diventa testimonianza di un passato, anche italiano, da non rimuovere.

Considerazioni

Assolutamente bellissimo, da leggere. Ho cominciato a piangere dalle prime righe, fino all’ultima pagina. I momenti più commoventi sono, oltre all’inizio e alla perdita dei cari, verso la fine, quando Elisa deve ricominciare a vivere, quando è libera, quando è sola e ha perso tutti i cari. Il suo stato d’animo, che viene descritto alla perfezione, i suoi sentimenti, e l’umiliazione che l’accompagnerà per tutta la vita, il numero tatuato sul braccio. E l’indifferenza che ha incontrato nel corso della sua vita quando cercava di parlare di quello che le era accaduto da giovane. Il suo messaggio è chiaro: vuole dare testimonianza e far conoscere ai giovani quello che è stato, per non dimenticare. Avrei tanto voluto conoscere di persona questa donna così forte! E pensare che al giorno d’oggi ci sono ancora quelli che sostengono che la Shoah è solo una menzogna, il web ne è pieno di questi siti! Navigando in cerca di foto, ho trovato questo sito a dir poco vomitevole http://www.thule-toscana.com e sono rimasta allibita. Non so di chi sia, se tedesco o meno, dovrebbe essere di un toscano razzista. Cerca di giustificare i tedeschi arrampicandosi sugli specchi, praticamente l’olocausto non ci sarebbe mai stato e sarebbe invenzione degli ebrei, il numero di morti sterminati sarebbe di molto inferiore a quello dichiarato (e quindi? È giustificabile?). I documenti storici? Secondo loro molte delle dichiarazioni firmate dagli ufficiali tedeschi appena arrestati, sarebbero state fatte sotto tortura e non attendibili! Bene? Non credo, ma anche se fosse hanno fatto bene a torturarli (gli inglesi) dopo quello che avevano trovato nei campi di sterminio. Non sia mai che un giorno avessero detto di non aver fatto nulla! Ma poi figuriamoci, ci sono i documenti scritti proprio da loro, documeti che hanno cercato invano di eliminare appena dopo la liberazione, le contabilità che portavano, i registi, i denti d’oro cavati agli ebrei, i loro averi, i vestiti, le fotografie, i risultati del perfido, cinico e disumano Dr. Mengele che faceva esperimenti su di loro come animali da laboratoro, ecc, ecc, ecc. Secondo questo sito poi (che mette in prima pagina come un idolo Irma Greese, la nazionalsocialista tedesca arruolatasi volontaria nelle SS, che andava diffondendo terrore tra i prigionieri dei lager con il suo cane lupo feroce e decideva chi far morire, in base al suo stato d’animo!) le camere a gas non si sarebbero mai usate, i bambini non venivano ammazzati e nemmeno i nani (certo che no, venivano usati da Mengele nei suoi esperimenti atroci), i prigionieri avevano hobby, sale recitazioni, teatro, per passatempo (incredibile!!!! Ci sarebbero andati pelle e ossa quando? Se non venivano nemmeno nutriti, lavoravano tutto il giorno in mezzo alle intemperie e frustati, se non ammazzati, e la notte riposavano gli uni sugli altri su lastre di legno piccolissime!). E sempre in questo sito, la cosa che più mi ha lasciata sbigottita è stata l’esaltazione della razza bianca e bionda, che è così perfetta che non dovrebbe mai mischiarsi con le altre razze. Recita “Ama e rispetta il tuo SIMILE!” cioè invita ad amare e rispettare solo i bianchi, popolo perfetto voluto. Mah, non ci sono parole! Che dire? Mi metto nei panni di chi ha vissuto i campi di concentramento, immagino il dolore che provano i figli solo a guardare siti del genere. Deve far male! Non capisco come si possa permettere ad un sito del genere di essere online, è un sito razzista, e va contro la nostra costituzione italiana! Qua non si tratta di libertà di opinione, qui si incita al razzismo!!!

Tutte queste foto sarebbero allora dei falsi dell’epoca?

Baracca dormitorio maschile ad Auschwitz-Birkenau

Auschwitz dormitorio femminile

Fossa comune dove i corpi venivano gettati come macerie e poi bruciati

Entrata del campo di Auschwitz con la scritta “Il lavoro rende liberi”

Irma Greese e Josep Mengele

Bambini vittime del Dr Mengele nei suoi esperimenti sui gemelli

Dalle ultime pagine de Il silenzio dei vivi Elisa Springer scrive:

Oggi, dopo cinquant’anni, quelle miserie riaffiorano, alimentate dal farneticante ideologismo di chi foraggia, sostiene, istruisce, strumentalizza e… gabella, i gruppuscoli nazi-fascisti. Aggregandoli politicamente e educandoli all’intolleranza e al razzismo. Dietro questo squallido e camuffato atteggiamento ideologico, si nascondono le insoddisfazioni e le illusioni di chi, suo malgrado, è condizionato a vivere ghettizzato ai margini della società. Della sua irragionevole vita, del suo irreversibile fallimento sociale, non ha colto il senso: è finito, perché non ha capito nulla. I fatti da noi vissuti e i nostri morti sono la sua condanna. Si continua a mettere in dubbio, a negare, che l’uomo comune abbia potuto generare i lager e in essi, cancellati milioni di esser indifesi. Se tutto così tristemente fosse, allora la mia stessa vita, la mia sofferenza e il mio dolore, non sarebbero mai esistiti.

Ma io, Elisa Springer, figlia di Richard e Sidonie, ho conosciuto il tormento della mente e dell’anima, la solitudine della miseria umana, la negazione del sentimento della pietà, il dolore della morte degli affetti più intimi e delle persone più care, la disperazione di essere sola in questo mondo.

Io, Elisa Springer, ho visto Dio. Nel fumo di Birkenau, che alzava al cielo il dolore del mondo, e spargeva sulla terra l’odore acre della sofferenza. Ho visto Dio. […]

Io ho vissuto per non dimenticare quella parte di me, rimasta nei lager, con i miei vent’anni.

Ho vissuto per difendere e raccontare l’odore dei morti che bruciavano nei crematori per difendere la memoria di tutti i miei cari e di tanti innocenti, memoria che oggi si tenta ancora di infrangere.

Ho vissuto per raccontare che le ferite del corpo si rimarginano col tempo, ma quelle dello spirito mai. Le mie sanguinano ancora.

2 Replies to “Il silenzio dei vivi, all’ombra di Auschwitz”

  1. è proprio vero che si cerca sempre più di mascherare queste cose, non sono maggiorenne ma sui campi di concentramento ne ho sentito di tutti i colori, sono senza parole, non erano persone ma animali che si spaziavano della sofferenza degli altri con pudore. Al giorno non bisogna stupirsi più di nulla, dico solo che per come la vedo io questa società fa schifo, non sono razzista ma di sicuro non sopposto i tedeschi. Fin da piccoli li facevano affezionare ad un gattino e una volta affezionati lo dovevano squartare da vivo. Non aggiungo altro

    1. Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. I tedeschi sono un grande popolo, io li ammiro, ho studiato lingua e cultura tedesca e mi sono laureata in inglese e tedesco. I tedeschi non sapevano minimamente di quel che combinava il regime nazista nei campi di concentramento. Gli stolti esistono in ogni popolazione e cultura. Non si condanna un intero popolo per quel che hanno combinato Hitler e il regime. Anzi, molti italiani dovrebbero prendere esempio dai tedeschi per la disciplina e il rispetto per il prossimo.

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