Medioevo in Italia: retroscena storico

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Al centro della complessa mappa del Medioevo c’è un intreccio di fenomeni storici, artistici e di pensiero, che da soli possono spiegare quella geografia letteraria e linguistica che invaderanno questa epoca. Tali fenomeni furono innanzi tutto di natura sociale e politica e, in quanto accompagnarono il sorgere delle letterature europee, non solo segnarono le linee di fondo della cultura d’Europa, ma determinarono la formazione di quella che potremmo definire la «prima civiltà borghese», cioè la civiltà che emerse nei paesi europei, subito dopo l’anno Mille.

Si assisterà infatti ad un graduale processo di trasformazione economico-politico-sociale, nel passaggio dall’età cavalleresco-feudale a quella comunale, che avrà la sua massima fioritura nel secolo XIII e raggiungerà il suo splendore nel secolo XIV. Il ritmo di questo passaggio sarà stabilito dal sopravvento delle forze borghesi dopo il Mille, nei secoli XII e XIII, che condurranno al prevalere degli ordinamenti cittadini nell’organizzazione giuridica del Comune. Prima di siffatti eventi però, l’Europa vive un lungo e non infecondo periodo di convalescenza, dopo la caduta dell’Impero romano, che si fa coincidere ormai, per tradizione, con la deposizione di Romolo Augustolo, da parte di Odoacre, avvenuta nell’anno 476 d.C., periodo funestato da guerre barbariche (specialmente quella dei Visigoti), ma anche denso di conquiste e di emancipazioni sul piano civile e giuridico, basti pensare ai vari editti che furono emanati, come quello di Teodorico del 506, alla pubblicazione del Codice giustinianeo, la più completa raccolta scritta di leggi che mai fosse stata realizzata, dai tempi dei Romani, alla Prammatica sanzione con cui Giustiniano ridusse l’Italia a provincia nel 554.

Il Sacro Romano Impero

La formazione, inoltre, del Sacro Romano Impero, con Carlo Magno rappresentò senz’altro il primo serio tentativo di creare una nuova civiltà europea, o almeno un nucleo stabile e compatto di stati europei, con comuni radici latine, riuniti sotto la corona di un unico imperatore e avviati verso una prospettiva decisamente diversa da quella provincialistica, benché sotto il giogo di un potere assolutistico e accentratore, una prospettiva unitaria e nazionalistica. Non a caso un poeta di corte salutò Carlo Magno come Pater Europae, perché la dignità imperiale attribuitagli dal papa, con l’incoronazione dell’800, non solo gli riconosceva autorità e potenza sui paesi affacciati sul bacino del Mediterraneo, accanto alla Francia, ma lo confermava come l’unico sovrano in grado di difendere il mondo cristiano dalla minaccia islamica proveniente dal sud e dagli attacchi barbarici che incalzavano da est.

L’Europa e la Cristianità

Quella «cittadella assediata e invasa» che appariva l’Europa, come opportunamente volle rappresentarla lo storico Bloch, trovò nell’impero di Carlo Magno il suo caposaldo, in quanto costituiva il migliore strumento di difesa della Cristianità; Europa e Cristianità furono un tutt’uno sotto lo scettro di Carlo e il suo impero in tal senso fu « sacro», mentre fu « romano » perché considerato direttamente di Costantino. Tale configurazione europea unitaria non impedì lo sviluppo di gruppi etnici e linguistici locali e regionali, anzi presero forma le singole nazionalità, sulla base di interessi contrastanti che di feudo in feudo, di stato in stato si andarono manifestando, pur all’interno di una certa concordia che nasceva da identici valori etici e culturali.

Dopo il Mille

Dopo il Mille, con il frammentarsi dell’Impero carolingio, l’Europa mosse all’attacco e alla conquista delle sue autonomie nazionali, espandendosi verso l’Oriente, in seguito a quell’avvenimento complesso e contraddittorio che rappresentarono le Crociate. In sostanza, nel secondo millennio dopo Cristo, il mondo occidentale passò dalla difensiva all’offensiva, perché la vita all’interno delle regioni europee venne caratterizzata da un nuovo spirito di iniziativa, da un fervore di ripresa, da una fiducia verso il futuro, elementi tutti che sottrassero l’Europa al suo passato torpore e a quella rassegnazione ad accettare i mali che l’aveva dominata dopo il crollo dell’Impero romano e la spinsero ad un risveglio economico e ad uno slancio produttivo senza precedenti. Infatti, sin dal secolo X si registra un forte aumento demografico, al quale corrispose un notevole incremento della produzione agricola che certamente contribuì a modificare il sistema feudale, creando nuovi rapporti all’interno della società e nuove forze.

L’economia

Scongiurato il pericolo delle invasioni barbariche, l’economia divenne « aperta», non più curtense, cioè limitata alle risorse prodotte all’ombra della curtis feudale, ma di «mercato», con vaste possibilità di sviluppo e di espansione, fino alla realizzazione delle « fiere» di paese e di città che avrebbero poi contraddistinto l’età comunale. Ne conseguì una rinascita delle città, che già nel secolo XI assunsero un ruolo determinante nell’equilibrio del sistema socio-economico dell’Occidente. Esse non solo divennero il centro del potere finanziario ed economico, ma proprio per questo, furono il centro del potere politico e aspirarono, singolarmente, all’autonomia. I grandi interessi urbani vennero quindi controllati dai diversi gruppi sociali, spesso identificabili con le famiglie più in vista e più benestanti, che tendevano naturalmente a creare nuove istituzioni legislative, affrettando la crisi delle istituzioni preesistenti, traendone un vantaggio personale e cercando di inserirsi nella contesa tra il Papato e l’Impero, le due massime potenze. Tale contesa, esplosa nel 1074, in seguito all’emanazione da parte del pontefice Gregorio VII del Dictatus Papae, con cui venne proclamato il potere assoluto papale e la supremazia del successore di Pietro su tutti i sovrani, divenne vero conflitto con la Dieta di Worms (1076), allorché l’Imperatore Enrico IV osò deporre il Pontefice e quest’ultimo rispose con il Concilio lateranense, lanciandogli la scomunica.

La lotta per le investiture

Iniziò così la famosa lotta per le investiture, che caratterizzò l’intero Medioevo, con alti e bassi, rappresentando non tanto una questione religiosa, relativa all’investitura degli ecclesiastici, quanto una questione politica, riguardante i poteri diretti del Papa e dell’Imperatore. Con il concordato di Worms (1122) si pose temporaneamente fino al disaccordo tra Papato e Impero, distinguendo l’investitura canonica (spiritualia) da quella temporale (temporalia), ma nella Chiesa rimasero profonde ferite, che tardarono a rimarginarsi, sia per gli scismi che si erano venuti a creare nello stesso cattolicesimo, anche a seguito dei vari movimenti ereticali costituitisi ai margini di esso (come quello degli Albigesi, contro i quali fu indetta una crociata punitrice nel 1208), sia perché il concetto di teocrazia continuò a dominare sul soglio di Pietro, sostenuto e avvallato da alcuni energici Pontefici come Innocenzo III; va aggiunto inoltre che alla corruzione dilagante nell’ambito ecclesiastico, a cominciare dal nepotismo papale, fu difficile porre rimedio, nonostante l’ausilio dei due maggiori ordini ecclesiastici dei domenicani e dei francescani, al primo dei quali il Papato affidò persino l’istituto dell’Inquisizione, destinato a verificare e ad arrestare l’avanzata delle eresie.

Guelfi e Ghibellini

Le lotte tra l’Impero e il Pontefice, tuttavia, non cessarono, anzi continuarono degenerando nel fazionismo guelfo-ghibellino, che, originatosi in Germania, ebbe proprio in Italia il suo terreno più fertile. Nel pieno sviluppo dei Comuni, quando l’Italia era ancora legata all’Imperatore germanico, come propaggine di quel Sacro Impero che aveva conosciuto tempi felici solo nell’età carolingia, i conflitti sanguinosi tra i Guelfi (divisi come è noto in Bianchi e Neri) e i Ghibellini, contrassegnarono la storia e il nascere di quella nuova civiltà culturale, artistica e letteraria italiana che connotò il nostro Medioevo, fino al passaggio dai Comuni alle Signorie.

Il regno di Federico II

Pure, in questa compagine di lotte intestine, si colloca lo splendido esperimento di Federico Il di Svevia che, organizzando e fondando il suo regno nell’Italia meridionale, in Sicilia, in Puglia, in Campania e nella terra confinante con la marca pontificia (l’attuale Lucania), formò quello che il Burkardt definì «lo stato opera d’arte», cioè il primo esempio di stato saldamente unitario, nel nostro territorio, basato su di una struttura non soltanto invidiabile dal punto di vista politico ed economico, ma apprezzabile anche da quello culturale, basti pensare che proprio nella Magna curia siciliana di Federico fiorì la prima scuola poetica italiana. Ma dopo la parentesi sveva, l’Italia meridionale conobbe altre drammatiche vicende: il dominio angioino e quello aragonese, intervallati dalla sanguinosa guerra dei Vespri (1282) e da una serie di eventi bellici che si conclusero con la pace di Caltabellotta (1302) e la conquista della Sicilia da parte degli Aragonesi.

Il Trecento

L’inizio del Trecento quindi, vide il trasferimento della sede papale da Roma ad Avignone, operato dal Pontefice Clemente V, nel 1309, e destinato a durare oltre il secolo. Nel frattempo mutava profondamente il volto dell’Italia e dell’Europa, per l’ascesa dei principati e per il configurarsi sempre più nettò delle grandi monarchie nazionali. Il Trecento fu per molti aspetti un secolo di crisi, anche se segnò il culmine della rivoluzione economica e del prestigio delle forze borghesi; si manifestò un forte regresso demografico, si abbatté paurosamente la peste su Francia, Inghilterra e Italia, decimandone le popolazione, si verificò un crescente spopolamento delle campagne, si intensificarono i conflitti tra gli stati europei, con la conseguente riduzione dei traffici mercantili e delle attività finanziarie, mentre l’avanzata dei Turchi riduceva sempre di più l’area economica orientale della Cristianità. In Italia avvertirono il contraccolpo della generale crisi economica le diverse classi sociali, specialmente quella dei banchieri, mentre si venivano organizzando i ceti poveri, sotto la spinta delle frequenti rivolte contadine, ma anche cittadine. I Ciompi, per esempio, umili cardatori della lana, animarono un violento tumulto nel 1378, che tuttavia fu ferocemente represso e riconfermò il predominio della classe mercantile, vera oligarchia finanziaria. A Roma fallì miseramente il tentativo insurrezionale di Cola di Rienzo di formare una Repubblica romana (1349); lo Scisma della Chiesa si acuì a tal punto che alla fine del secolo si trovarono due Papi contrapposti, Clemente V sul trono di Avignone e Urbano IV su quello di Roma, fino al Concilio di Pisa (1409) che li depose entrambi, eleggendo un terzo Pontefice, Alessandro VI.

Le repubbliche marinare

Infine deve essere ricordata la politica coloniale che alcune città italiane costiere, come Genova, Venezia, Amalfi e Pisa, iniziarono a realizzare, grazie alla loro incredibile abilità di navigazione, che in breve tempo le trasformò in formidabili potenze marinare, facendo loro ottenere l’autonomia come repubbliche.
A tutto questo complesso quadro storico, denso di eventi e di processi di sviluppo, per l’intera Europa e per l’Italia in particolare corrispose una fervida attività intellettuale e artistica, che determinò le linee della filosofia e dell’arte medioevale.

L’arte religiosa

Anche l’arte si incentrò sulla concezione religiosa, nel Medioevo, per lo meno quando si giunse dopo l’anno Mille e furono superate le stagioni sia dell’arte bizantina, islamica, carolingia e ottoniana (Alto Medioevo, secoli VI-X), sia dell’arte tardo-gotica (secolo XIV). La Chiesa, sotto l’impulso della filosofia Scolastica, considerò l’arte intermediaria tra l’uomo e Dio, auspicando perciò una costruzione dei templi e delle basiliche, basata sulla simbologia del pensiero teologico. Lo stile gotico infatti si attenuò e divenne più equilibrato nelle chiese cistercensi; del resto l’architettura italiana del Duecento nell’assimilare i motivi gotici, li traspose in una dimensione spaziale solenne, che si richiamava all’antico. Nella scultura, si avvertì meglio la suggestione della classicità; vennero superate le forme romaniche, ma rimasero l’imponenza e la dignità dei modelli classici, come ancora oggi si può notare nel repertorio archeologico, riunito intorno al Duomo di Pisa. Un’evoluzione delle tecniche si notò però verso la metà del Duecento, grazie ad Arnolfo di Cambio e alla sua scuola, che fondendo la memoria del gotico con la vitalità moderna, e guardando anche ai modelli etruschi, riuscì ad evocare la cultura del passato realizzando monumenti funerari che sembrarono anticipare temi umanistici, per la loro straordinaria armonia delle linee. Per quanto riguarda la pittura, anche qui i temi erano religiosi e questo è il periodo dei grandi affreschi che coprono i muri interni delle chiese.

Bibliografia

  • Storia della letteratura italiana, Anna Maria Vanalesti, Società Editrice Dante Alighieri, 1993.
  • Storia economica e sociale del Medioevo, L. Mumford, Garzanti, Milano, 1967.
  • Storia della letteratura italiana, F. De Sanctis, Einaudi, Torino, 1961.

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