Il dibattito teologico dopo San Francesco

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Per Francesco le cose sono già il segno della perfezione divina, la rivelano inevitabilmente, e dunque la condizione dell’uomo non è misera se attraverso la realtà può risalire a Dio, contemplarne la gloria e salvarsi. Questa visione francescana era profondamente diversa da quella della Chiesa contemporanea, perché considerava positivi i valori dell’umiltà, del perdono, della povertà, della forza d’animo e della sopportazione, fattori tutti che apparivano grandemente in contrasto con l’ordinamento ecclesiastico del tempo, che promuoveva, sotto ogni aspetto, l’accesso alle cariche temporali e persino l’istruzione superiore dei frati, laddove l’ordine francescano predicava la semplicità e il misticismo.

La scissione dell’ordine francescano

La Chiesa vide del resto un certo pericolo nel movimento francescano, specie allorché si manifestarono, dopo la scomparsa del santo, due forti tendenze all’interno dell’ordine: quella dei frati conventuali, propensi ad attenuare la regola della povertà e quella degli spirituali, fedeli rigidamente alla regola, fino a propugnare la disobbedienza all’autorità ecclesiastica. L’evoluzione del movimento fu anche segnata dal sorgere di una ricca letteratura agiografica intorno alla vita di San Francesco, fatta di biografie, di racconti e di vario materiale che tendevano a mettere in evidenza, attraverso le scrupolose annotazioni dei fatti e degli episodi della vita del santo, le novità da lui introdotte e la singolarità del suo apostolato.

La Legenda

Fu elaborata da Tommaso da Celano (1190-1260), una Legenda, cioè una raccolta di storie, destinate ad essere lette in chiesa, dalle quali emerge il ritratto umile e profetico di San Francesco nonché i suoi insegnamenti della povertà, della compassione, della perfetta letizia. Il personaggio venne in parte mitizzato, avvicinato spesso a Cristo, per analogia di costumi, anzi quasi presentato come l’alter Cristus. Tommaso da Celano fu autore inoltre del famoso inno liturgico del Diesirae.

Bonaventura da Bagnoregio e la sua teoria

La Legenda passò poi nelle mani di Bonaventura da Bagnoregio (1217 ca.-1274), divenuto generale dell’Ordine, per essere emendata di tutti i particolari che potessero alterare la fisionomia e il nuovo assetto dell’Ordine stesso. Essendo Bonventura un grande teologo, riportò l’interpretazione del francescanesimo entro i termini di un misticismo che poteva essere compreso seguendo le direzioni del platonismo e dell’agostinismo, mentre la preghiera e la contemplazione diventavano il mezzo per arrivare a Dio, per compiere cioè quell’Itinerarium mentis in Deum, che dava il titolo all’opera dello stesso Bonaventura. L’elevazione mistica dell’anima, indicata da San Francesco, divenne la meta nuova da raggiungere, in un’ottica che trascendeva le vie finora perseguite dalla Chiesa e realizzava veramente un progetto teocentrico, nel senso più alto e finalistico. Proprio dagli ordini francescano e domenicano venne affrontato il compito di rifondare il pensiero cristiano, che si era allontanato dal Vangelo, per attraversare, un po’ troppo da vicino, il terreno della temporalità. La teoria mistica di Bonaventura infatti, basata sul platonismo, si opponeva all’aristotelismo e al razionalismo, tentando anche di arginare la dottrina ascetica ed escatologica di Gioacchino da Fiore che mirava all’avvento di una Chiesa rinnovata, quasi in modo apocalittico, che certo non era quello che Francesco aveva sognato. Di quest’ultima tendenza erano i francescani spirituali, che con una rigida e alterata applicazione del messaggio francescano, puntavano ad una totale riforma, criticando l’evoluzione organizzativa della comunità, nonché lo sfarzo della curia pontificia, così lontana dalla povertà evangelica.

Celestino V

Gli spirituali credettero di poter finalmente affermare i loro ideali quando sul soglio pontificio venne innalzato Pietro da Morrone, un eremita, col nome di Celestino V; ma l’umile Papa non resistette alla pressione delle famiglie clericali più potenti di Roma, come quella dei Caetani, da cui provenne quel Benedetto Caetani, che, quando Celestino V rinunciò al papato, salì al suo posto col nome di Bonifacio VIII. Fu partita persa per gli spirituali, che videro riaffermarsi il potere ecclesiastico, col rinsaldarsi dei rapporti fra la Chiesa e la borghesia; tentarono allora di convocare un concilio nel 1297, alleandosi ai Colonna, ma la loro lotta fu definitivamente sconfitta a Palestrina.

Il dibattito teologico

In ogni caso l’opera degli spirituali, come quella dei domenicani, valse almeno a far riaprire il dibattito teologico nelle Università italiane, istituendo una vera e propria scienza, che si sforzò di opporsi al pericolo sorgente dell’averroismo, cioè all’interpretazione che il filosofo arabo Averroè stava dando di Aristotele, diffondendola in Occidente.

Bibliografia

  • Religiosità e società medievale. Giullari, eretici, mistici. Principato, Milano, 1979
  • Scrittori religiosi del Trecento, Sansoni, Firenze, 1974.
  • Storia della letteratura italiana, Anna Maria Vanalesti, Società Editrice Dante Alighieri, 1993.

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