Karen Blixen: l’Africa, esilio e estraniamento

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Karen Blixen
Karen Blixen

Nel 1998 ho frequentato un corso di Lingua e Letteratura Inglese all’Università D’Annunzio, il cui programma era interamente dedicato alla scrittrice danese Karen Blixen. Questo corso, della Prof.ssa Clara Mucci, mi ha fatto appassionare tantissimo di letteratura inglese al femminile, per certi versi marginale. Oltre a Karen Blixen, Virginia Woolf e le altre due scrittrici famose dell’800: Charlotte Bronte e Jane Austen. Oltretutto ho superato l’esame brillantemente con i complimenti della prof, che mi ha lasciata lusingata e meravigliata quando, parlando in inglese, sempre su Karen Blixen, mi osserva, mi ascolta e mi fa “Where are you from?” e io ho detto la mia città – ho fatto una gaffe perché non intendeva sapere quello – “No, no, I mean: you are not Italian, are you?” e io “Yes, I’m quite Italian! Why?” e lei “You have a particular accent, Danish or German, but not Italian!”. Non me lo scorderò mai.

In seguito avevo pensato di fare la tesi in Letteratura proprio su Karen Blixen, e mi sono trovata ad un bivio: Letteratura Inglese o Linguistica Generale? Dopo tanti ripensamenti ho optato per la linguistica, visto che al tempo avevo più un mente analitica, e mi sono buttata su fonetica, fonologia, lessicologia e disordini del linguaggio, quali afasia, linguaggio dei sordomuti e acquisizione del linguaggio in età infantile. Alla fine però ho fatto una tesi in Linguistica Computazionale e Lessicografia il cui titolo è “Recenti Acquisizioni della Lessicografia Statistico-Computazionale Italiana e Anglosassone”.

È da poco che ho riscoperto l’anima umanistica e letteraria che è in me. Ovviamente c’è sempre stata, ma si trovava in uno stato latente. Ora riesce fuori. Mi piace scrivere, analizzare le opere letterarie e leggere romanzi, cosa che un tempo ritenevo inutile e noiosa. Sono materie che ho studiato all’università per obbligo dato che erano nei programmi di studio, anche se quando le studiavo mi piacevano. Ora mi mancano e scopro di non aver dato il peso meritato a questi studi. Ogni cosa, ogni materia che ho studiato all’università, l’ho studiata con criterio, ho approfondito, e mi ricordo ancora tutto a distanza di molti anni. Le cose che ho studiato mi sono piaciute, tutte. Ho impiegato del tempo per laurearmi, questo è vero, ma tutto quello che ho appreso al momento è entrato nella mia memoria a lungo termine, e di questo mi compiaccio. Ora riscopro l’amore per la letteratura, sarà la vita in campagna, l’ispirazione del luogo, sarà ciò che in letteratura si chiama Locus Amoenus, sarà la vita famigliare e mio figlio. Non lo so, fatto sta che mi piace moltissimo questa mia nuova, o per meglio dire, “riscoperta” passione.

Perché la Blixen sceglie di scrivere in inglese e non in danese, che era la sua lingua?

Karen Blixen, modernista, antimodernista, tardo-romantica e decadente, gotica e postmoderna, inglese e danese, femminista, anti-femminista famosa più che altro per il suo romanzo autobiografico La mia Africa (Out of Africa) farebbe parte della letteratura marginale e d’esilio, in quanto lei, di origini danesi, una volta visitata l’Africa e dopo aver vissuto diverso tempo lì, una volta tornata nella sua Danimarca, si sarebbe sentita estraniata, avrebbe sentito che non era più la sua terra, che la sua terra era invece l’Africa. Per questo motivo, come ribellione, ha scelto un’altra lingua per scrivere le sue storie e i suoi romanzi. Ha scelto l’inglese, lingua dell’esilio. Rifiutando di scrivere in lingua danese è come se avesse voluto rifiutare la grigia e fredda Danimarca.

Nel suo libro Tempeste Clara Mucci scrive:

“Abitatrice di margini troppo applauditi per essere realmente tali eppure lontana anni luce da scrittori e scrittrici del Canone, modernisti e non, oggetto di studio di rare monografie in Italia o nei paesi scandinavi e anglosassoni, Karen Blixen si offre come spettacolare abitatrice di vari gradi di ‘esilio’ e di estraniamento.

Il primo, il volontario esilio della scrittura in una lingua non materna, sembra quasi rappresentare la condizione esemplare della scrittura in sé, se è vero, come scrive de Certau, che la scrittura è il luogo del riconoscimento dell’impossibilità di un ‘proprio luogo’ per il soggetto e non si dà scrittura se non per divisione, alterità, estraniamento. Scrittura come fondamentalmente abitata da assenza, agli antipodi della parola orale e della presenza di cui l’Occidente si è nutrito, per dirla con Jacques Derrida. Dietro la parola della Blixen, l’eco di una voce che non solo differisce per statuto, archi scrittura di una phonè irrecuperabile, ma traccia di una alterità che fa dell’ambiguità e della mancanza (sono queste per Derrida le caratteristiche della scrittura) i presupposti imprescindibili.

La Blixen sceglie per la sua scrittura la lingua dell’esilio (l’esilio’ volontario in Africa) e della mancanza (la lingua, come lei stessa dirà, della ‘sua’ Africa, la terra che lei definisce “my heart’s land”, la lingua da lei usata nel raccontare le storie al suo uomo, ogni volta che Denys Finch Hatton tornava alla fattoria, la lingua che suggella la scomparsa di quel mondo, di quegli anni, di quella fondamentale relazione amorosa); la Blixen abitatrice privilegiata, si direbbe, di quella letteratura ‘minore’ di cui Deleuze e Guattari scrivono come di una forza rivoluzionaria.

Una letteratura ‘minore’, infatti, non si serve di una lingua minore, ma costituisce una zona marginale entro una lingua ‘maggiore’ (come possono dirsi, per ampiezza d’uso e tradizioni, l’inglese, il francese, il tedesco, per esempio, in Occidente). La caratteristica essenziale non consiste nella differenza linguistica ma in quella che gli autori chiamano déterritorialisation“, sperimentata, ad esempio, da Kafka ebreo ceco che si trova a scrivere nell’ambito del tedesco, dagli scrittori irlandesi o dagli ebrei americani nell’ambito della lingua inglese. M la ‘deterritorializzazione’ per la Blixen acquista valenze diverse ed estreme perfino entro una “minore” letteratura d’esilio così definita. L’inglese per lei assume le caratteristiche della scelta dell’estraniamento come patria (Heimat) in cui si nega la lingua ‘materna’, il danese, sentito da sempre come unheimlich, vero spaesarnento, per trovare nella perdita — della patria, della lingua danese, prima, e nella perdita e nella morte, nella catastrofe, la perdita della fattoria in Africa, del compagno legato all’origine stessa del suo diventare una story-teller se dobbiamo credere alla sua voce che racconta “I had been telling some of the stories to a friend when he came to stay on the farm” — e nel volontario esilio, una collocazione, una più consistente ‘abitazione’, un luogo di espressione, transito epifanico del sè.”

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Casa-museo di Karen Blixen in Danimarca

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Stanza della casa in Danimarca dove la Blixen scriveva. Si vedono alla parete degli oggetti d’avorio che richiamano l’atmosfera africana. Sulla sua scrivania le penne in ordine, la vecchia macchina da scrivere e delle foto di Denys Finch Hatton

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In questa vecchia foto Denys Finch Hatton, Rose Cartwright, Karen Blixen e due bambini del Kenia


18 Replies to “Karen Blixen: l’Africa, esilio e estraniamento”

  1. No Ale, che hai capito, che mal d’Africa! Sto cercando bibliografia per scrivere un saggio, ma non solo su Out of Africa, su tutte le opere della Blixen, ma anche su Hearts of Darkness di Conrad. Ci dovevo fare la tesi ma poi ho optato per Linguistica Generale e patologie del linguaggio, cosi ora mi è rimasto questo pallino perche mi piaceva molto. Sono ferrata in materia, per gli esami ne ho letti centinaia di libri e saggi su quest’autrice, e tutti in inglese. La mia prof era un’esperta e aveva pubblicato parecchi saggi sulla Blixen.No niente italiano, c’è poca roba, cerco in inglese e intendevo, dicendo che sono in USA, che bisogna ordinarli dall’estero e sono costosi.

  2. Hai letto Anecdotes of Destiny (Capricci del destino) allora… certo li ho letti tutti i libri della Blixen. 10 anni fa ho dato un esame in lingua e letteratura inglese interamente dedicato alla Blixen, leggendo tra l’altro moltissimi saggi critici. Ciò che intendevo era che non riuscivo a trovare saggi critici sulla Blixen qui in Italia (ma mi … Visualizza altroservono sempre in lingua inglese perche in italiano c’è pochissimo e quel poco che c’è l’ho letto, 1/2 l’aveva scritto la mia prof dell’università). Mi serve questa roba e tanta bibliografia perchè mi sto avventurando in una ricerca per la stesura di un saggio critico in italiano, visto che ce ne sono davvero pochi. Grazie cmq per il suggerimento sulla Gallmann, grazie anche ad Ale. Mi è venuta in mente una cosa… se riesco a trovare collegamenti con la Blixen, oltre alle cose che riguardano l’Africa, ci faccio un pensierino. Finora sto ancora su Heart of Darkness di Conrad, che vado sul classico. Grazie!

  3. Grazie!La mia era un'affermazione non una domanda 😉 Se hai letto "Il pranzo di Babette" e "Tempeste", allora hai letto "CAPRICCI DEL DESTINO" che sono una raccolta di racconti, che oltre a quelli da te citati, riporta anche "L'Anello", "Il pescatore di perle" e "La storia immortale".

  4. ehhhhia!!!!Cominciamo bene…mal d’Africa ? E non ancora ci vieni!Per la Blixen puoi trovare del materiale in italiano nei circoli culturali italiani di Naiorobi, puoi provare…ma leggi anche qualcosa della Gallmann, è una donna splendida e forte , posso passarti alcuni testi , ma anche farti leggere una sua lettera indirizzata a me ! magnifica.

  5. Non avevo capito che ti servissero per un tuo lavoro, pensavo ad una semplice ricerca da lettrice più che da scrittrice, cmq l'argomento è molto interessante, complimenti e in bocca al lupo! Non ho letto "Capricci del destino", devo vedere sabato da Ricordi a Via del Corso.

  6. Hai letto Anecdotes of Destiny (Capricci del destino) allora… certo li ho letti tutti i libri della Blixen. 10 anni fa ho dato un esame in lingua e letteratura inglese interamente dedicato alla Blixen, leggendo tra l'altro moltissimi saggi critici. Ciò che intendevo era che non riuscivo a trovare saggi critici sulla Blixen qui in Italia (ma mi … Visualizza altroservono sempre in lingua inglese perche in italiano c'è pochissimo e quel poco che c'è l'ho letto, 1/2 l'aveva scritto la mia prof dell'università). Mi serve questa roba e tanta bibliografia perchè mi sto avventurando in una ricerca per la stesura di un saggio critico in italiano, visto che ce ne sono davvero pochi. Grazie cmq per il suggerimento sulla Gallmann, grazie anche ad Ale. Mi è venuta in mente una cosa… se riesco a trovare collegamenti con la Blixen, oltre alle cose che riguardano l'Africa, ci faccio un pensierino. Finora sto ancora su Heart of Darkness di Conrad, che vado sul classico. Grazie!

  7. “Il pescatore di perle” pure lo ricordo, non ricordavo minimamente il nome della raccolta [ capricci del destino] e nemmeno, figurati, quando l’hai indicato – vuoto totale- ad ogni modo a furia di parlarne mi è venuta voglia di andare a rileggerli.

  8. Ciao! Bellissimo intervento! Anch'io sono stata un'allieva della Professoressa Mucci 🙂 anche se purtroppo col nuovo ordinamento molte, troppe cose sono cambiate, lei infonde sempre lo stesso entusiasmo negli studenti! Io ho avuto la fortuna di averla come relatrice per la tesi di triennale e come ispiratrice per quella di specialistica (quando oramai si era trasferita già a chieti). Complimenti ancora :)Valeria

  9. Ciao Valeria e grazie del commento!Io ho fatto l'esame con lei 10 anni fa ai tempi del vecchio ordinamento. Sì, in realtà ho sentito lametarsi tanti professori del nuovo ordinamento. Io poi, quando è entrata la riforma non ho fatto la conversione creditizia e sono rimasta con il vecchio piano di studi. Anche io se avessi fatto la tesi in Letteratura Inglese avrei scelto lei come relatrice perchè è molto brava e si vede che le piace il suo mestiere, poi è anche sorridente e comprensiva. Ma poi ho optato per Linguistica Generale e mi ha seguita Russo, che probabilmente conosci.A presto!

  10. purtroppo sì, ho avuto modo di conoscere il dott. russo.. poveri noi che paghiamo le tasse per essere trattati così 😀 ..va bè, ormai è passato tutto per fortuna! Io in realtà ho fatto entrambe le tesi in storia del teatro inglese ;)Buona serata ciau!

  11. Cara Valeria, capisco cosa intendi, lo conosco bene e non sono mai stata un'ammiratrice del suo comportamento con gli studenti tanto che glie l'ho fatto notare più volte, mettendomi in discussione, perché poi alla fine, eravamo entrati in confidenza dopo anni. Io sono stata una delle poche che gli è caduta in simpatia ma gli sono sempre stata contro, anche se ciò significava rimetterci, visto che era il mio relatore. Ho assistito ad esami (visto che ero spesso nel suo ufficio per svolgere lavori per lui, che poi mi aveva detto avrei usato per la mia tesi e invece sono serviti solo ed esclusivamente per la pubblicazione dei suoi libri)e ho visto ragazze piangere, bocciate per stupidaggini sulle quali si impuntava mettendo in difficoltà e soggezione. E non dubito che avessero studiato!Io ti posso dire tranquillamente che c'è una cosa che non gli ho mia perdonato. Dovevo laurearmi nella sessione seguente e gli avevo comunicato che aspettavo un bambino ma lui non mi ha fatto sostenere l'esame di laurea perché ero incinta e ha detto che non sarebbe stato bello di fronte alla commissione. Immagina come ho trascorso male i miei primi mesi di gravidanza. Gli ha anche telefonato mio marito perché io ho pianto tanto e anche a lui ha detto “Con me no, se vuole puo laurearsi con un altro relatore e io darò ottime referenze su di lei, ma con me no!” senza dire il perché e cosa ci sarebbe stato di male. Io non l’ho mai capito il perché e me lo chiedo ancora oggi. Cosa ci può essere di male nel laurearsi con la pancia? Cosa c’è di male in una donna incinta? Nulla assolutamente, anzi!!! E io ho dovuto pagare un anno di tasse aggiuntive (e avevo problemi economici) per una nuova iscrizione per laurearmi poi l’anno seguente quando ero distrutta per il bimbo piccolo e non avevo tempo. Solo perché non avrei avuto più la pancia in vista. Era da denuncia, infatti ho contattato le associazioni di diritti delle donne che mi avevano consigliato di intraprendere azioni, e così mia zia che è avvocato alla Farnesina di Roma e mio zio ambasciatore. Mia zia voleva assolutamente il suo numero perché voleva pensarci lei, perché lui era in torto marcio e doveva farmi laureare. Io alla fine ho ceduto distrutta e ho rinunciato perché non ce l’avrei fatta ad andare incontro a litigi legali con una gravidanza in atto, che sarebbe dovuto essere il periodo più bello ella mia vita. Ma ti immagini se fossi andata avanti? Cosa gli sarebbe successo? Non penso lui se ne renda conto di quello che mi ha fatto, è vero che pensa solo ai fatti suoi ed è maschilista come ho sentito dire e ho letto anche, ma questa gli sarebbe costata, danni morali ed economici!!! Alla fine ho fatto la mia laurea in tranquillità l’anno dopo e va bene. Ma da quell’episodio io mi sono rifiutata di aiutarlo il tutto con i suoi lavori, e mi ha rivista solo il giorno della laurea. Ora che è tutto passato posso raccontare al mondo intero l’accaduto. Ormai mi sono laureata. Ma come mi è costata la laurea!!! E sono giunta alla conclusione che è limitato di testa e quindi da compatire, ma povero a chi decide di averci a che fare, ti fa solo ammalare perchè non c'è dialogo ma solo i suoi interessi. Rimpiango di non aver avuto la Mucci, una donna comprensiva e preparata nel suo campo, che di certo condannerebbe queste cose e comportamenti. Avrei vissuto sicuramente un bel periodo di studio e ricerca con lei.A presto

  12. Ho un bimbo bellissimo, quello che vedi nell'intestazione con me e nella barra laterale sinistra.Quando poi hai i figli, tutto il resto passa in secondo piano.Hai ragione, non devo ringraziare nessuno per la mia laurea, che mi sono sudata anche con una famiglia e neonato sulle spalle, mi sono stati messi solo i bastoni tra le ruote e, credimi, non ne ho ancora capito il motivo. Qualunque esso possa essere ha avuto torto marcio perchè non doveva essee lui a decidere quando laurearmi visto che io pago le tasse e anche il suo stipendio (mi aveva risposto "Sono io il relatore e si fa come dico io!" tipico abuso di POTERE).Non ho assolutamenre dubbio che ce ne siano come lui in giro, infatti me lo confermi, io ho avuto a che fare solo con lui ma ha fatto per 100!!! Come si dice? "male non fare e paura non avere" e non sono stata io a fare del male ma l'ho subito.Auguro tanta fortuna per tutto anche a te, magari faccio un salto sul tuo blog, perchè credo che anche tu ne abbia uno, A presto 🙂

  13. Guarda, anch'io ho avuto pessime esperienze, non tanto con Russo, ma con altri "docenti" che non sono capaci di insegnare null'altro che odio, rancore ed astio. Io scrissi uno specifico "ringraziamento" per questa gentaglia al termine della mia tesi di specialistica 😀 ..però alla fine, hai ragione tu! ti sei laureata NONOSTANTE quell'imbecille! 😉 ce l'hai fatta con le tue forze e non devi ringraziare nessuno per questo! Alla fine sono queste le esperienze che ci rendono forti 😉 ..e magari il tuo bimbo (o bimba? :)) ha assimilato anche lui o lei un po' della forza della sua mamma :).In bocca al lupo per tutto!

  14. Anch'io ho patito (soprattutto dopo la laurea) ingiustizie accademiche di vario genere, ma questa della donna che non può laurearsi perché incinta è davvero una cosa gravissima, e sarebbe dovuta finire sul giornale. Dopo aver letto questa testimonianza, non mi lamenterò più. Gli accademici operano sistematicamente al di sopra o al di fuori della legalità. E il sistema autoreferenziale di cui fanno parte glielo consente.

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