Riassunto Canto III Paradiso

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Celo primo o della luna. Spiriti mancanti ai voti: Piccarda

Il viaggio verso l’Empireo si attua secondo due direttrici convergenti: quella del volo che implica il distacco dagli interessi terreni, l’ascesa ai valori religiosi riscoperti nel loro rigore alla fonte di ogni valore che è Dio, e la conquista di una superiore conoscenza che svela al pellegrino le leggi dell’ordine celeste, per quali vie l’umanità può accostarsi a quell’ordine e in che modo può modellare sull’ordine soprannaturale la propria vicenda terrena. Assorbito dal ragionamento di Beatrice il poeta sta con gli occhi a terra: quando li alza per chiedere altre delucidazioni si trova drammaticamente davanti ad una situazione imprevista: vede delle figure umane ma così tenui ed immateriali che le ritiene immagini riflesse da una realtà che non c’è. Il poeta avverte di essere in un mondo di cui non possiede gli strumenti conoscitivi. Per la prima volta da che è in paradiso egli vede delle anime di beati e si trova nella necessità anzitutto di impadronirsi della nuova realtà del tutto spirituale e di conseguenza di trovare i mezzi per offrire in termini comprensibili quella realtà agli uomini che si servono di misure inadeguate. Per il momento Dante immagina che le anime abbiano ancora i lineamenti corporei, ma così evanescenti che sembrano trascolorare verso l’immaterialità. Sono figure, dunque, in cui l’elemento terreno presente nella linea corporea si dissolve progressivamente nella luce che sprigionano e in cui si evidenzia la superiorità spirituale. Questo primo gruppo di anime è di coloro che fecero voto di castità e non lo mantennero perché sopraffatti dall’altrui violenza. Dal gruppo emerge Piccarda Donati, sorella di quel Corso che Dante colloca all’inferno e di quel Forese che incontra in purgatorio tra i golosi. Fattasi clarissa, fu strappata dal monastero da Corso che le impose un marito. Il colloquio tra Piccarda e Dante che in terra si erano conosciuti (forse erano anche vicini di casa) si svolge su due temi: della totale felicità delle anime, e della vicenda che condusse la donna fuori del monastero. Il primo si riallaccia a quello dell’ordine universale (vedi il primo canto) che colloca le creature come su una scacchiera in cui ciascuna di esse occupa il posto assegnatole da Dio e solo così realizza il proprio destino e anche quello comune. Ognuno nell’economia terrena ed ultraterrena (anche per la linea di continuità in cui si inseriscono il tempo e l’eternità, il terreno e il sovrannaturale) obbedisce ad una volontà, opera secondo un fine che poi si traduce nell’occupazione di un posto nella infinita gerarchia degli esseri. Dante non ha ancora chiaro questo motivo della gerarchia e chiede: le anime dei beati della luna desiderano un posto più alto per ottenere maggiore felicità, a causa della più vicina presenza di Dio? hanno invidia, anche buona, di coloro che sono più in alto? Simili dubbi, risponde Piccarda, nascono da valutazioni del tutto estranee al mondo paradisiaco: tutte le anime sono beate in rapporto alla loro capacità di essere beate e ai loro meriti acquisiti in terra. Non c’è possibilità di contrasto tra la decisione divina e la collocazione delle anime in uno anziché m un altro dei gradini della piramide celeste. Anzi, la loro beatitudine è proprio nel loro adeguarsi pienamente alla volontà del Creatore. È la tipica condizione mistica dello spirito che ha la sua ragione di letizia nel conformarsi al volere dello Spirito Santo. Il secondo tema del colloquio è quello della vicenda che condusse la donna a staccarsi dalla « dolce chiostra ». Piccarda su questo punto risponde in modi rapidi, essenziali e soprattutto riservati: si era fatta clarissa, si era misticamente congiunta con Dio e a lui si era pienamente abbandonata. Da quel mondo monacale fatto di pace e di interiore completezza la sottrassero uomini, non proprio malvagi, ma strumento violento della società violenta. Fu costretta al matrimonio: ma quale fu la sua vita nuziale, di quali sacrifici e dolori si unteggiò essa per pudicizia non dice (simile in questo a Francesca e a Pia). Accanto a Piccarda c’è un’altra ex suora, Costanza di Altavilla, madre dell’imperatore Federico II: fu anche lei avviata al matrimonio dalla prepotenza dei politici. Di contro a questi aspetti di ferocia che emergono dalla rievocazione delle cose del mondo si pone il regno sereno della beatitudine: le anime esprimono la loro raggiunta felicità con un canto di grazie alla Vergine, emblema di tutte le creature che cercano la purezza e la libertà dalla contaminante presenza della società.

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