Riassunto Canto XIII Paradiso

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Quarto cielo o del sole. La sapienza di Salomone

Nel paradiso ci sono degli spettacoli di così rara bellezza e di così eccezionale luminosità che il poeta non trova nella sua esperienza di uomo e di scrittore termini di raffronto, né un linguaggio adatto a riferirli anche approssimativamente. Tale è lo spettacolo delle ventiquattro anime che si dispongono in due corone, le quali,dopo il discorso di San Bonaventura, riprendono la danza e il canto. Offrono allo sguardo incantato del poeta l’immagine che si potrebbe avere se le quindici stelle di prima grandezza, quelle dell’Orsa Maggiore e dell’Orsa Minore, formassero due costellazioni simili a quella in cui fu mutata alla sua morte Arianna, se fossero concentriche e ruotassero in direzione opposta. Solo per questa via il lettore può avere un’idea della danza delle ventiquattro anime che ruotano attorno al poeta e alla sua guida. D’un tratto, moto circolare e canto cessano, e nel silenzio si ode la voce di San Tommaso che riprende a parlare per risolvere il secondo dubbio di Dante. Il primo riguardava la limitazione posta dal santo a proposito dei domenicani, il secondo nasce da ciò che lo stesso santo aveva detto di Salomone e cioè che per sapienza era da ritenere superiore ad ogni uomo di ogni tempo. Dante invece ritiene che per sapienza siano superiori Adamo e Cristo (come uomo), in quanto ebbero la perfetta sapienza umana. San Tommaso precisa e chiarisce: tutte le creature sia le incorruttibili, non destinate a morire, sia le corruttibili, soggette al potere della morte, non sono che un riflesso di quell’idea (il Verbo) che Dio genera con un atto d’amore. Il Verbo concentra la sua luce nei nove cori angelici e da questi attraverso i cieli discende fino agli elementi del mondo terrestre. Ma in terra gli elementi recano impressa l’Idea divina in misura maggiore o minore: e questo fatto spiega come alberi della stessa specie diano frutti diversi e gli uomini nascano con temperamenti diversi. Se per ipotesi (ma la cosa non può avvenire dopo il peccato di origine) la materia, investita dall’azione dei cieli, fosse nelle migliori condizioni per essere plasmata e se il cielo fosse nel pieno della sua potena plasmatrice, lo stampo divino si esplicherebbe in tutto il suo splendore e nella sua massima efficacia. Ma l’azione plasmatrice dei cieli opera in modi imperfetti, così come in terra capita all’artista che conosce la propria arte, ma la cui mano è malferma ed incapace a tradurre in figure perfette le forme vagheggiate nella sua mente. Se però lo Spirito Santo imprime sulle creature la luce del Verbo che procede dal Padre, allora in essa si ha tutta la perfezione possibile. Così nacque perfetta la natura, la terra di cui Dio si servì per creare Adamo; così perfetto fu generato Cristo e per questo si spiega come Adamo e Gesù siano stati dotati di tutta la perfezione possibile. Ma questa conclusione si pone in contrasto con l’affermazione che Salomone non ebbe uno pari in sapienza. Il poeta, aggiunge San Tommaso, dimentica che la sapienza che Salomone chiese ed ottenne da Dio fu quella di re, necessaria a governare secondo giustizia. In conclusione, Salomone deve dirsi il più sapiente dei re: sapiente della sapienza politica non di quella filosofica o teologica. Il dubbio è risolto, però il santo prende occasione dall’avventatezza del giudizio di Dante circa le parole pronunciate dallo stesso santo a proposito di Salomone per dare un ammonimento: prima di pronunciare giudizi sommari procedi coi piedi di piombo, va aiuto e lento nell’affermare o negare ciò che non puoi distinguere con chiarezza. Accade spesso che un giudizio frettoloso induca all’errore e poi che l’amore verso la propria opinione impedisca all’intelletto di ricredersi, di sottoporla ad un esame spregiudicato. Colui che pesca nel mare della verità e non conosce l’arte della ricerca della verità, si allontana dalla riva inutilmente: parte ignorante ma torna carico di errori. Ne offrono chiaro esempio i filosofi greci Parmenide e Melisso, il matematico greco Brissone e gli eretici Sabellio ed Ano. Gli uomini non procedano con eccessiva sicurezza che diventa leggerezza e presunzione quando giudicano, come fanno coloro che valutano la messe prima che sia giunta a maturazione. Nella mia esperienza, dice San Tommaso, ho visto durante l’inverno un pruno apparire secco e spinoso, e poi, in primavera, con una rosa sulla cima: altra volta ho visto una nave sicura e veloce naufragare all’ingresso nel porto. Non credano donna Berta e ser Martino (persone di nessun rilievo), per il fatto che vedono uno rubare, l’altro dare elemosine, di poter sapere come Dio li abbia giudicati: il ladro può salvarsi, la persona pia perdersi.

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