Zenone, il filosofo dei paradossi

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Vive ad Elea nel sec. V a.C.. Discepolo di Parmenide con il quale visita Atene e conosce Socrate, Zenone mette al servizio delle dottrine del maestro la sua notevole abilità logica, inventando una serie di argomenti volti a screditare i critici della visione parmenidea dell’universo.

Il metodo di Zenone consiste nell’assumere come ipotesi le tesi dei propri avversari e derivare da esse delle conclusioni contraddittorie o comunque inaccettabili. Se esistono molte cose, allora sono insieme simili e dissimili; se ammettiamo il movimento di una freccia, allora dobbiamo riconoscere che essa lo compie restando in ogni istante immobile ecc.

Zenone è l’inventore di quello che è stato chiamato il ragionamento per assurdo: se io voglio dimostrare A, inizio a supporre che la sua negazione, non-A, sia vera e poi derivo logicamente una contraddizione a partire da essa. Dato che tutto ciò che implica una contraddizione è falso, ho così dimostrato che non-A è falso. Quindi, per la legge logica del terzo escluso, che dice che o è vero A o è vero non-A, essendo falso non-A, ne segue che A è vero.

Le aporie («strade senza uscita») di Zenone prendono dunque di mira la possibilità del mutamento e la pluralità dell’essere; forse il più noto dei suoi argomenti è quello di Achille e la tartaruga: Achille è riconosciuto come il più veloce degli eroi antichi, eppure, secondo Zenone, egli non potrà mai raggiungere una lenta tartaruga. Immaginiamo la gara: Achille scatta veloce e in un certo tempo raggiunge il punto in cui era la tartaruga. Ma nel frattempo, la tartaruga stessa ha percorso un certo spazio. In un baleno, Achille raggiunge il punto in cui era la tartaruga. Però essa non è più lì: sia pur di poco, ha percorso un altro spazio. Achille lo supera facilmente, ma … ecc. ecc. Così Achille — conclude Zenone — si avvicina sempre alla tartaruga, ma non la raggiunge mai.

Argomento simile al precedente è quello della dicotomia (divisione per due): se esiste un movimento da A a B, allora deve percorrere la metà di AB, la metà della metà di AB, e così via all’infinito, ma nulla può coprire un numero infinito di distanze.

I paradossi di Zenone non sono affatto banali; malgrado il tentativo di confutazione da parte di — Aristotele (nel libro vi della Fisica), una loro soluzione, sia pure non definitiva, dovrà attendere più di duemila anni, fino alla teoria dei limiti sviluppata dai matematici dell’Ottocento.

I fisici pluralisti

Dopo Parmenide il problema del rapporto tra essere e divenire e la questione di come il mutamento sia possibile sono al centro dell’interesse dei filosofi.

Un primo tentativo di soluzione si ispira alla tradizione naturalistica attraverso l’opera di Empedocle e Anassagora. Essi vengono definiti fisici pluralisti perché — per spiegare come sia possibile l’incessante mutare di tutte le cose senza cadere nelle aporie (contraddizioni) individuate da Parmenide e dalla sua scuola — affermano la pluralità dell’essere.

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